La giurisprudenza stringe sempre più le maglie nell’analisi dei profili di responsabilità in capo al commercialista, e se tale fenomeno viene sommato alla confusione che il legislatore degli ultimi anni sta portando negli studi commerciali, la situazione assume sicuramente rilevanza.
Se fino a qualche anno fa erano infatti necessari dei macroscopici errori per poter chiedere al consulente un risarcimento danni, oggi basta la colpa lieve per far scattare la responsabilità civile nei confronti dei clienti.
Ma non devono essere dimenticati nemmeno i profili di responsabilità amministrativa e penale. Procediamo pertanto con una brevissima analisi.
Responsabilità civile
Il professionista stipula con i suoi clienti un contratto per la prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli art. 2230 e seguenti del codice civile.
La diligenza richiesta non è solo quella “del buon padre di famiglia”, ma la diligenza che il consulente deve usare nello svolgimento delle prestazioni deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata (art. 1175 c.c.).
Solo se la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà l'art. 2236 c.c. prevede un’attenuazione della normale responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave. In tutti gli altri casi il professionista risponde, di regola, verso il cliente, oltre che per dolo, per colpa anche lieve.
Responsabilità amministrativa
Ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, la responsabilità amministrativa del consulente può configurarsi come:
1. responsabilità diretta esclusiva, qualora il consulente sia colui che ha commesso la violazione;
2. responsabilità esclusiva in luogo dell’esecutore della violazione (si pensi al contribuente indotto in errore dal professionista);
3. responsabilità in concorso con altri.
Il consulente potrà essere chiamato a rispondere sia se agisce con dolo, ma anche con colpa (grave o lieve). Infatti, si ricorda che il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, modificando il D.Lgs. 472/97, ha precisato che, anche in questo caso, “le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave”. Questo significa che al di fuori dei problemi di speciale difficoltà, il professionista potrà rispondere anche in presenza di colpa non grave.
Responsabilità penale
In ambito penale, particolare rilievo assume la responsabilità del consulente per concorso nei reati.
Nello specifico, per aversi concorso di persone nel reato è necessario che ricorrano i seguenti elementi indispensabili:
- pluralità di agenti;
- realizzazione di un fatto di reato;
- contributo causale di ciascun soggetto alla realizzazione di esso;
- la volontà di cooperare alla commissione del reato.
In questo caso, pertanto, la responsabilità del professionista a titolo di concorso può esservi solo qualora il commercialista agisca con dolo.
Non si ha invece concorso di persone se il professionista si trovi a operare su elementi forniti esclusivamente dal cliente, o si limiti a un semplice atteggiamento passivo, sussistendo la sola scienza del fatto che altri stiano per commettere reato.
Se fino a qualche anno fa erano infatti necessari dei macroscopici errori per poter chiedere al consulente un risarcimento danni, oggi basta la colpa lieve per far scattare la responsabilità civile nei confronti dei clienti.
Ma non devono essere dimenticati nemmeno i profili di responsabilità amministrativa e penale. Procediamo pertanto con una brevissima analisi.
Responsabilità civile
Il professionista stipula con i suoi clienti un contratto per la prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli art. 2230 e seguenti del codice civile.
La diligenza richiesta non è solo quella “del buon padre di famiglia”, ma la diligenza che il consulente deve usare nello svolgimento delle prestazioni deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata (art. 1175 c.c.).
Solo se la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà l'art. 2236 c.c. prevede un’attenuazione della normale responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave. In tutti gli altri casi il professionista risponde, di regola, verso il cliente, oltre che per dolo, per colpa anche lieve.
Responsabilità amministrativa
Ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, la responsabilità amministrativa del consulente può configurarsi come:
1. responsabilità diretta esclusiva, qualora il consulente sia colui che ha commesso la violazione;
2. responsabilità esclusiva in luogo dell’esecutore della violazione (si pensi al contribuente indotto in errore dal professionista);
3. responsabilità in concorso con altri.
Il consulente potrà essere chiamato a rispondere sia se agisce con dolo, ma anche con colpa (grave o lieve). Infatti, si ricorda che il D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, modificando il D.Lgs. 472/97, ha precisato che, anche in questo caso, “le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave”. Questo significa che al di fuori dei problemi di speciale difficoltà, il professionista potrà rispondere anche in presenza di colpa non grave.
Responsabilità penale
In ambito penale, particolare rilievo assume la responsabilità del consulente per concorso nei reati.
Nello specifico, per aversi concorso di persone nel reato è necessario che ricorrano i seguenti elementi indispensabili:
- pluralità di agenti;
- realizzazione di un fatto di reato;
- contributo causale di ciascun soggetto alla realizzazione di esso;
- la volontà di cooperare alla commissione del reato.
In questo caso, pertanto, la responsabilità del professionista a titolo di concorso può esservi solo qualora il commercialista agisca con dolo.
Non si ha invece concorso di persone se il professionista si trovi a operare su elementi forniti esclusivamente dal cliente, o si limiti a un semplice atteggiamento passivo, sussistendo la sola scienza del fatto che altri stiano per commettere reato.
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