Cassazione Penale, sentenza depositata il 20 ottobre 2014
Il giudizio di responsabilità per la frode fiscale si può fondare anche sulle dichiarazioni rese all’Agenzia delle Entrate in assenza del difensore. È quanto emerge dalla sentenza n. 43552/14, pubblicata ieri presso la Terza Sezione Penale della Cassazione.
Nel confermare la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Brescia a tre soggetti imputati dei reati di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000, la Suprema Corte ha ritenuto infondata, tra l’altro, la doglianza difensiva riguardante l’inutilizzabilità (nel processo panale) delle dichiarazioni raccolte dall’Agenzia delle Entrate in sede di accertamento fiscale.
Dal Palazzaccio hanno osservato che l'articolo 220 delle disposizioni di attuazioni al codice di procedura penale prescrive che quando - nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti - emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle norme del codice. Dalla disposizione si evince, per converso, che l'obbligo non ricorre quando ancora non sono emersi elementi di colpevolezza nei riguardi di chi è sottoposto all'atto ispettivo o di vigilanza (cfr. Cass. Sez. VI, n. 11076/99 in tema di dichiarazioni raccolte dalla GdF e riportate nei verbali di accertamento e di constatazione).
Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito.
Nel caso di specie, le dichiarazioni poste a fondamento del giudizio di responsabilità pronunciato dalla Corte territoriale furono rese da uno dei ricorrenti al Funzionario dell'Agenzia delle Entrate prima dell'inizio della verifica fiscale a carico di uno degli utilizzatori delle fatture false e prima dell'avvio delle indagini: in virtù di tale accertamento in fatto appare allora chiaro che esse vennero rese in sede amministrativa (e non certo davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria nell'esercizio delle sue funzioni), dunque non implicavano l'osservanza delle norme processuali poste a garanzia del diritto di difesa, anche se esse potevano poi eventualmente dar luogo a denunzia all'autorità giudiziaria (cfr. Cass., Sez. I, n. 583/90 in tema di accertamenti della GdF).
Nel confermare la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Brescia a tre soggetti imputati dei reati di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000, la Suprema Corte ha ritenuto infondata, tra l’altro, la doglianza difensiva riguardante l’inutilizzabilità (nel processo panale) delle dichiarazioni raccolte dall’Agenzia delle Entrate in sede di accertamento fiscale.
Dal Palazzaccio hanno osservato che l'articolo 220 delle disposizioni di attuazioni al codice di procedura penale prescrive che quando - nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti - emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle norme del codice. Dalla disposizione si evince, per converso, che l'obbligo non ricorre quando ancora non sono emersi elementi di colpevolezza nei riguardi di chi è sottoposto all'atto ispettivo o di vigilanza (cfr. Cass. Sez. VI, n. 11076/99 in tema di dichiarazioni raccolte dalla GdF e riportate nei verbali di accertamento e di constatazione).
Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito.
Nel caso di specie, le dichiarazioni poste a fondamento del giudizio di responsabilità pronunciato dalla Corte territoriale furono rese da uno dei ricorrenti al Funzionario dell'Agenzia delle Entrate prima dell'inizio della verifica fiscale a carico di uno degli utilizzatori delle fatture false e prima dell'avvio delle indagini: in virtù di tale accertamento in fatto appare allora chiaro che esse vennero rese in sede amministrativa (e non certo davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria nell'esercizio delle sue funzioni), dunque non implicavano l'osservanza delle norme processuali poste a garanzia del diritto di difesa, anche se esse potevano poi eventualmente dar luogo a denunzia all'autorità giudiziaria (cfr. Cass., Sez. I, n. 583/90 in tema di accertamenti della GdF).
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