Rischia di incorrere nel reato di dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000 il commercialista che non inserisce fra i componenti positivi l’importo della ritenuta d’acconto operata ma non versata dal cliente.
È quanto emerge dalla sentenza n. 2256/17 della Terza Sezione Penale della Cassazione.
Gli Ermellini hanno respinto il ricorso proposto nell’interesse di un commercialista che ha subito un sequestro preventivo di beni, essendo accusato del reato fiscale di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000.
La misura disposta dal Gip è stata confermata dal Tribunale del riesame, che, muovendo dalla definizione normativa di imposta evasa data dal D.Lgs. 74/00, art. 1, lett. f, ha tratto solido argomento, ad avviso degli Ermellini, per ritenere del tutto pacifico che la somma corrispondente a una ritenuta d’acconto possa essere detratta, da parte del sostituito (nella specie, il professionista-ricorrente), dall’ammontare complessivo dell’imposta dovuta unicamente qualora sia stata effettivamente corrisposta all’Erario dal sostituito d’imposta entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, rimanendo in tal caso indifferente per il fisco l’autore del pagamento (sostituto o sostituito).
Il Tribunale cautelare, pertanto, ha giustamente ravvisato l’esistenza dei presupposti per il mantenimento del provvedimento di sequestro in capo al ricorrente, avendo anche potuto trarre l’elemento soggettivo del reato provvisoriamente contestato dal fatto “che la circostanza del mancato versamento della ritenuta d’imposta da parte del sostituto era nota al sostituito, essendo quest’ultimo commercialista della persona giudica inadempiente”.
In conclusione, nel rigettare il ricorso del professionista, la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:
- In caso di mancato versamento della ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta e sempre che sia superata la relativa soglia di punibilità quantitativa e percentuale, integra il reato di infedele dichiarazione previsto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 74/00, la condotta del sostituito che indica nella dichiarazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quelli effettivi, non inserendo tra i componenti positivi gli importi della ritenuta d’acconto operata dal sostituto d’imposta e da questi non versata, costituendo tali poste elementi attivi del reddito che concorrono alla determinazione dell’imposta evasa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera f, del D.Lgs. n. 74 del 2000.
Il ricorrente paga le spese processuali.
È quanto emerge dalla sentenza n. 2256/17 della Terza Sezione Penale della Cassazione.
Gli Ermellini hanno respinto il ricorso proposto nell’interesse di un commercialista che ha subito un sequestro preventivo di beni, essendo accusato del reato fiscale di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000.
La misura disposta dal Gip è stata confermata dal Tribunale del riesame, che, muovendo dalla definizione normativa di imposta evasa data dal D.Lgs. 74/00, art. 1, lett. f, ha tratto solido argomento, ad avviso degli Ermellini, per ritenere del tutto pacifico che la somma corrispondente a una ritenuta d’acconto possa essere detratta, da parte del sostituito (nella specie, il professionista-ricorrente), dall’ammontare complessivo dell’imposta dovuta unicamente qualora sia stata effettivamente corrisposta all’Erario dal sostituito d’imposta entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, rimanendo in tal caso indifferente per il fisco l’autore del pagamento (sostituto o sostituito).
Il Tribunale cautelare, pertanto, ha giustamente ravvisato l’esistenza dei presupposti per il mantenimento del provvedimento di sequestro in capo al ricorrente, avendo anche potuto trarre l’elemento soggettivo del reato provvisoriamente contestato dal fatto “che la circostanza del mancato versamento della ritenuta d’imposta da parte del sostituto era nota al sostituito, essendo quest’ultimo commercialista della persona giudica inadempiente”.
In conclusione, nel rigettare il ricorso del professionista, la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:
- In caso di mancato versamento della ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta e sempre che sia superata la relativa soglia di punibilità quantitativa e percentuale, integra il reato di infedele dichiarazione previsto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 74/00, la condotta del sostituito che indica nella dichiarazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quelli effettivi, non inserendo tra i componenti positivi gli importi della ritenuta d’acconto operata dal sostituto d’imposta e da questi non versata, costituendo tali poste elementi attivi del reddito che concorrono alla determinazione dell’imposta evasa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera f, del D.Lgs. n. 74 del 2000.
Il ricorrente paga le spese processuali.
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